Posto a circa 30 km a sud di Teramo, le sue origini risalgono al periodo preromano (come testimoniano i ritrovamenti archeologici effettuati nel 1985: tombe, corredi e monili vari), ma la sua attuale configurazione urbanistica la si può far risalire al tardo medioevo-inizio rinascimento. Nel 1886 si rinvennero un fibula di bronzo ed arette fittili, uscite dalle stesse matrici da dove furono tratte quelle delle necropoli dell’Esquilino. Inoltre, ad Arsita vennero alla luce urne cinerarie, vasi lacrimali, lucerne, pavimenti, monete romane della città di Cerbolongo, citata da Tito Livio e distrutta nel basso impero.
Il territorio di Arsita segnava, nel periodo italico, il confine tra il territorio dei Vestini e quello dei Petruzi (“Petruzi” è il nome da cui deriva l’attuale nome “Abruzzo”); lo stesso nome del Fiume Fino, nella terminologia alto-medievale, era indicato come “In Fluvio Fine” cioè “fiume” del confine.
Il centro storico si sviluppa a partire dal cosiddetto “castello Bacucco”, di cui sopravvivono alcuni resti sulla piccola collina ad ovest, per poi estendersi verso est lungo la strada principale denominata Corso Vittorio Emanuele. Fino agli inizi del secolo, infatti, Arsita era chiamata Bacucco, termine utilizzato ancora nel dialetto locale, che secondo alcuni significa “castelletto” o “insediamento di capanne di frasche”, mentre secondo altre fonti potrebbe derivare dalla sua forma ovale (“quasi un bel cucco”), oppure dal dio Bacco, oppure dall’arabo bakok o burqu, panno che si avvolge sulla testa e sul volto. A partire dal XI secolo, tuttavia, accanto a Bacucco comincia a comparire anche il nome di Arsita, che indica un luogo arso o bruciato: si tratta di un documento relativo alla cessione di tre castelli, tra cui Bacucco ed Arsita, al monastero di Montecassino (1085).
Nel 1173 Oderisio di Bisento otteneva, dal re Guglielmo in Penne, il feudo di Bacucco. Nel 1273 furono citati Bacuccum e Arsita cum Podio nel diploma concesso ad Alife da Carlo I D’Angiò, Nel 1281 la Signoria di Bacucco risulta essere possesso di Riccardo Acquaviva d’Aragona, mentre le decime vaticane del 1324 parlano sia di Bacucco sia della ecclesia S. Iohannis de Arsita. Come si evince dai documenti, i due insediamenti dovevano essere vicini e, forse, complementari: il primo corrispondeva all’incastellamento attuale, mentre il secondo coincideva probabilmente con la cosiddetta “Cima della Rocca” (quota 923), su un precedente centro italico dei Vestini, e con la sottostante Chiesa di San Giovanni, che si trova sul “Colle di San Giovanni” ad un’altitudine di 729 m s.l.m.
All’insediamento di Bacucco apparteneva nel Rinascimento anche la vicina Roccafinadamo (Rocca Filiorum Adami), sopravvivenza della vecchia Arsita. Successivamente, passò in dominio di Alessandro Sforza e nel 1474 fu inserita nel demanio reale, ottenendo privilegi propri delle terre demaniali. Nel 1481 il re Ferdinando donò la terra di Bacucco all’Università di Civiltà di Penne, confermando la donazione fatta da suo figlio Alfonso di Calabria, quale ricompensa per i danni subiti per essere stata fedele al Re delle Due Sicilie. Nel 1507 fu posseduta da Cola Gentile. Nel 1600 fu dominata dalla famiglia di Ranuccio Farnese; a quest’ultimo succedette nel 1623 il figlio Odoardo, che entrò in possesso dei feudi appartenenti al Re delle due Sicilie. Infine, di Bacucco fu possessore nel 1669 il Duca di Parma, il quale aveva nel territorio diverse case.
Anche Arsita fu coinvolta nel fenomeno del brigantaggio ottocentesco: contro l’invasione francese sulle montagne di Farindola si era formata una banda di insorti (i briganti), che saccheggiarono Bacucco e i paesi di Castiglione Messer Raimondo, Bisenti, Castagna, Castelli e Civitella Casanova. Alla fine di maggio 1807, i briganti assalirono e depredarono Bacucco, portando via parecchi giovani per aggregarli alle proprie forze. Nel luglio 1807 il brigante Antonio Priore uccise Vieti, arciprete di Bacucco.
L’Università di Bacucco fu per secoli indipendente, ma nel 1806 venne unita al Circondario di Penne. In passato, dai boschi di querce e di faggi si traevano materiali per gli artigiani locali, in particolare per la costruzione dei famosi remi; questi, per pregio e qualità, venivano ricercati in tutto il litorale adriatico, e molto probabilmente anche nell’antico porto di Acri, posto tra Silvi Marina e Pineto (le cui rovine sommerse giacciono ancora su un fondale sabbioso).
Il nome di Bacucco fu cambiato nell’attuale Arsita nel 1905, in seguito ad una relazione del 3 settembre 1905 per Decreto Regio, agli atti del Consiglio Provinciale di Teramo, che all’epoca, era abitata da circa 48 famiglie.
Del piccolo Castello Bacucco rimangono oggi alcune parti del recinto murario del XII-XIII secolo, rafforzato da torri ad U e da una torre angolare circolare posta nel settore nord. Questo complesso fortificato fu ampliato nella seconda metà del Cinquecento, quando il territorio di Arsita fu incluso nello Stato Farnesiano d’Abruzzo. In seguito, probabilmente nel ‘700, esso fu trasformato in residenza nobiliare, assumendo un aspetto che conserva ancora oggi, nonostante alcune sue parti si trovino in un grave stato di abbandono. All’interno del centro storico è possibile ammirare la Chiesa di S. Vittoria, la cui facciata ottocentesca (mai finita) copre la precedente, che ha il portale ancora in vista. L’interno settecentesco è ad unica navata, e presenta edicole laterali con statue (tra cui quella di San Nicola di Bari, patrono di Arsita) ed un quadro ovale che rappresenta S. Vittoria e la Madonna delle Grazie. All’esterno, parzialmente conservata, si erge la cappella gentilizia settecentesca della SS Trinità, con un portale ad ante lignee le cui formelle raffigurano angeli e mostri marini di ispirazione popolare. Fuori del paese, sulla strada che conduce a Penne, si trova la ormai fatiscente Chiesa cinquecentesca di S. Maria d’Aragona, che presenta evidenti aggiunte moderne sul fronte principale e lesioni strutturali sui lati lunghi. Da questa Chiesa proviene una bella terracotta dipinta abruzzese (ora conservata nella Chiesa Parrocchiale), raffigurante una Madonna con il Bambino in grembo con mani snodabili e corpo mobile, realizzata nel 1531 e restaurato visibilmente tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento. Nei dintorni è da visitare l’antico mulino ad acqua Di Francesco (recentemente restaurato) sul fiume Fino, lungo l’antico “Sentiero dei Mulini”; nei pressi dell'”Inferno spaccato” è possibile frequentare una moderna e attrezzata palestra di roccia. Cenni storici ed evoluzione delle strutture insediative sono riportati nel documento 1B_04.